nelle altre piscine

Il grillo

Mi scosse dal sonno per dirmi che il frinire del grillo la stava tenendo sveglia.
“Quale grillo?” le chiesi. Dormiva già, quando mi ero infilato a letto.
“Ascolta.”
Ascoltai. In un’altra parte della casa, attraverso la porta della camera chiusa, lo sentivo a malapena: un canto continuo diviso in due parti, e con il mio sonno disturbato, un canto che mi cullò quasi fino a farmi riaddormentare.
Scostò la trapunta. “Me ne libererò.”
Risposi che me ne sarei occupato io. Mi alzai, chiudendo la porta della camera dietro di me, e seguii il suo suono attraverso la casa buia, non ero nemmeno sicuro di che ora fosse, finché non urtai l’alluce sul sofà scolorito del soggiorno. Il grillo si fermò e restò in silenzio, allertato dalla mia vicinanza. Mi sedetti e aspettai, riflettendo se ritornare a letto o restare, e scelsi di restare, perché sapevo che prima o poi, come una discussione continua, il suo verso sarebbe ricominciato.

Mi ricordai che solo i grilli maschi friniscono, nel tentativo di attrarre una compagna, e poi c’era quella storia che avevo letto in internet a proposito di come un audiofilo aveva registrato il frinire dei grilli nel suo giardino e, regolando la velocità o la frequenza, non ricordo quale delle due, i grilli avevano cominciato ad assomigliare a un coro. Fui fortunato abbastanza da sentirlo con le mie orecchie.
Mia moglie uscì fuori, zittendo nuovamente il grillo.
“Te ne sei liberato?”
“Non ancora” risposi. Si sedette all’altro capo del sofà nel buio.
“Lo ucciderai, giusto?”
“Perché?” risposi.
“Perché troverebbe il modo di rientrare in casa. Trovano sempre il modo di rientrare.”
“Si sta facendo freddo” risposi. Scosse leggermente il capo. “Me ne occuperò.”
“Lo dici” rispose “ma lo fai raramente”.
La casa scricchiolò, lo scricchiolio pareva spostarsi da una trave all’altra, un avvenimento che sembrava andare da dentro a fuori, forse andava persino più lontano di quanto io avessi mai saputo o capito. Il grillo tacque.
È la mia seconda moglie. La mia prima moglie aveva la stessa avversione per i grilli e io uccidevo ogni singolo grillo per lei, di solito li schiacciavo sotto una scarpa.
Armeggiai con la lampada ma la lasciai accesa. Sedemmo in silenzio. Il grillo ricominciò e io vidi il suo corpo marrone d’insetto proprio accanto alla mia ciabatta. Lo vide anche lei. Alzai il piede, solo per abbassarlo di nuovo. Avrei potuto intrappolare il grillo in un bicchiere e liberarlo fuori dalla casa ma sarebbe stato solo un modo di rimandare il problema, prolungandolo ancora di più.
Presi la sua mano nella mia, era la prima volta che ci sfioravamo dopo la discussione di quel pomeriggio, e dissi “Ma è qui per noi adesso. Perché non lo lasciamo cantare, il nostro concerto privato?”.
Lei tacque. Le sorrisi e strinsi più forte la sua mano, qualcosa che avevo trascurato di fare in passato. Lei spense la luce e aspettammo che cominciasse.

Ron Burch

traduzione di Giulia Zorat

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