Diario di uno scrittore attraversa le pagine intime e personali di alcuni tra gli scrittori più noti e tormentati. Da sempre i grandi della letteratura hanno confidato segreti, paure e successi alle pagine di un diario, talvolta divenuti delle vere e proprie opere letterarie.
Da quando aveva undici anni fino alla sua morte, nel 1977, Anaïs Nin tenne un diario: sessantatré anni di scrittura giornaliera senza interruzioni, 35000 pagine manoscritte divise in quaderni custoditi con estrema cura. Si tratta di un caso unico nella letteratura diaristica, sia per la regolarità della scrittura sia per la densità e la profondità psicologica delle pagine.
Anaïs annota nel suo diario tutto quello che le capita e che prova. È una forma di dipendenza. Man mano che scrive si rende conto che il diario si è trasformato da rimedio per la lontananza del padre a sintomo.
“Questo diario è il mio kief, il mio hashis, la mia pipa d’oppio. È la mia droga e il mio vizio. Invece di scrivere un romanzo, mi sdraio con questo libro e una penna, e indulgo in rifrazioni e diffrazioni. Devo rivivere la mia vita nel sogno. Il sogno è la mia sola forma di vita.”
Il diario, allo stesso tempo, diventa la bozza per i romanzi. All’inizio è per la giovane Anaïs un confidente a cui rivolgersi per mantenere un contatto, seppur fittizio, col padre che l’ha abbandonata dopo una relazione incestuosa, come se si trattasse di una lunga lettera scritta all’assente. È un laboratorio interno dove studiare se stessa e gli altri.
“Je vois dans l’écriture du journal intime la communion d’une âme avec elle-même dans la sincérité et la liberté la plus absolue.”1
Ma col passare degli anni Anaïs cerca di andare oltre quello che le offre la vita. Le esperienze ordinarie non le bastano più. Il diario ha bisogno di nuovo materiale, esige di più dalla sua scrittrice. La Nin va oltre la creazione letteraria che attinge dal vissuto il suo materiale artistico, e, proseguendo la lettura dei diari, è evidente l’opposizione tra romanzo e racconto di sé. Per dare più valore agli eventi della sua vita, descritti nei diari, Anaïs sta inventando e romanzando parti intere della sua vita.
Tuttavia non è importante il divario tra l’evento biografico e il modo in cui esso viene riportato, quanto piuttosto il processo mentale che avviene quando si traspone un evento alla luce di ciò che esso ha significato per la nostra vita psichica ed emozionale.
Nel diario di Anaïs Nin emerge un forte bisogno di analisi e di auto-analisi. L’analisi sembra essere per l’artista uno strumento supplementare per la sua creazione artistica, e la psicanalisi permetterebbe di decifrare l’inconscio e i suoi processi creativi.
I primi incontri tra Anaïs Nin e la psicanalisi e le ripercussioni sulla scrittura del diario
Il 1931 e il 1932 sono anni decisivi nella vita della Nin, che sente di aver raggiunto la maturità, e di trovarsi davanti a un impasse. La relazione con il marito sta perdendo intensità e Anaïs si concede la prima esperienza extraconiugale. Da quel momento inizierà a redigere due diari, uno vero, con le parti più oscure di Anaïs, e uno falso, con tutto ciò che può essere scritto e letto.
Nel 1931 avviene l’incontro con Henry Miller: la passione è immediata e totale per entrambi. Si instaura tra di loro un legame fortissimo, senza limiti. Ma Miller sembra non bastare: Anaïs continua a essere insofferente.
A Parigi la psicanalisi ha già raggiunto una certa notorietà all’interno degli ambienti intellettuali e letterari. Qui Anaïs conosce René Allendy, uno dei fondatori della Società psicanalitica di Parigi. Anaïs comincia il percorso di psicanalisi, ha capito che l’auto-analisi non può funzionare, c’è uno scoglio troppo grande che impedisce la discesa nel profondo: l’inconscio.
Allendy sembra un deus ex machina arrivato a salvarla dal precipizio. Si crea, tra lei e l’analista, un processo di transfert per cui la scrittrice vede Allendy come il suo salvatore. Ma il tarlo continua a rodere dentro di lei e inizia a sedurre anche Allendy, proiezione del padre. Nin non tarda a rendersi conto degli effetti devastanti del transfert e cerca in ogni modo di allontanarsi.
Nel frattempo si è riavvicinata al padre, con il quale ha avuto una seconda relazione incestuosa, nella speranza di controbilanciare in età adulta il peso dell’incesto subito durante l’infanzia. Anaïs ricade in depressione e comincia un nuovo percorso di analisi, stavolta con Otto Rank, uno dei membri più importanti della cerchia di Freud.
Sembra un nuovo inizio. Nel suo diario scrive “l’analyse, c’est la mort”. L’analisi sta mostrando e distruggendo le barriere che la scrittrice ha costruito per tutta la sua vita.
Rank la obbliga a consegnargli i suoi diari e a non scrivere più. L’analisi si concentra sull’espressione della verità di se stessi mentre la scrittura sul trattamento sublimante del vissuto. Ma Anaïs vuole scrivere, “un libro forte, vero, abominevole”.
Anche Otto Rank cede al fascino di Anaïs e nel 1934 il ciclo infernale ricomincia. La relazione che vivono è totale, insieme partono per New York, un viaggio che la distruggerà emotivamente e fisicamente.
La Nin sarà sempre divisa tra la ricerca dell’equilibrio e le forze distruttive presenti in lei. Non abbandonerà mai il suo diario, tanto auto-creazione quanto reale creazione. Nozioni cliniche, deliri isterici e deviazioni perverse affiancano i primi passi della psicanalisi. Il suo diario è un romanzo da decifrare coi principi della psicanalisi e allo stesso tempo uno studio di psicanalisi da leggere con gli strumenti della creazione letteraria.

1 “Vedo nella scrittura del diario l’unione dell’anima con se stessa, nella sincerità e nella libertà le più assolute.”
Elena Votta