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Prima lezione: “Sfacciata fortuna”

Il Centro internazionale di studi Primo Levi promuove le Lezioni Primo Levi. Vengono presentate a Torino, una all’anno, e ciascuna è incentrata su un tema legato agli interessi di Levi, per imparare a leggere le sue opere.
I libri delle Lezioni Primo Levi sono pubblicati da Einaudi in doppia lingua, inglese e italiano.

“Sfacciata fortuna”. La Shoah e il caso ha 134 pagine ed è suddiviso in due parti: la lezione vera e propria e un’appendice che è una piccola antologia letteraria della fortuna in cui sono raccolti i principali brani citati da Gordon. Il percorso è costruito su una serie di premesse per arrivare solo a un certo punto all’opera leviana: il suo valore sta anche nel guardarsi intorno, nel ricostruire il dialogo dello stesso Levi con la sua cultura letteraria scolastica.

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“Sfacciata fortuna”. La Shoah e il caso, Robert S. C. Gordon, Einaudi, Torino 2010

La prima Lezione è incentrata sulla fortuna. Le credenze sulla sorte sono considerate un universale umano, una costante in tutte le culture del mondo. Fortuna e sfortuna: così ci spieghiamo a volte l’incomprensibile.
La fortuna presenta una lunga tradizione. Dall’immagine di una forza cieca e crudele, come una donna o una dea capricciosa, a quella di Dante che, nella Commedia, la presenta come strumento del giudizio divino e della provvidenza. Dalla fortuna di Boccaccio, secolarizzata, passando per Machiavelli, che sostiene che la metà delle azioni sono dettate dalla fortuna e che, con virtù, è possibile arginarla, fino ad arrivare al tormentato principe Amleto di Shakespeare che definisce la sua una fortuna oltraggiosa, indeciso se essere o non essere, se agire o no.
Nel Novecento si sviluppa una rappresentazione della fortuna associata al Lager. Un esempio è il libro di divulgazione scientifica La passeggiata dell’ubriaco, di Leonard Mlodinow, in cui l’autore considera la sua stessa esistenza come frutto del caso, perché non sarebbe nato se suo padre non fosse sopravvissuto a Buchenwald. Un altro è il film spagnolo Intacto, del regista Juan-Carlos Fresnadillo, su una società segreta di uomini e donne straordinariamente fortunati sopravvissuti alla Shoah. E ancora il romanzo Essere senza destino, dell’ungherese Imre Kertész anche lui sopravvissuto ai campi di concentramento. Questi esempi sono accomunati da una dimensione numerica della fortuna: un unico sopravvissuto tra milioni di vittime. Ma non sempre la sopravvivenza è da intendersi come situazione fortunata: può essere vissuta anche come una maledizione.
Arriviamo a Levi. La poesia Shemà posta in epigrafe a Se questo è un uomo mostra nel quinto verso il modo in cui i prigionieri vanno a morire, “per un sì o per un no”, per l’arbitrarietà di chi ha il potere di decidere la loro morte con un cenno del capo. La prefazione a Se questo è un uomo comincia invece con “Per mia fortuna, sono stato deportato ad Auschwitz”. Si tratta di una fortuna serissima ma, per introdurre le sue considerazioni critiche e storiche, nella seconda parte della frase, Levi sceglie l’ironia. Nei Sommersi e i salvati troviamo una sorta di scontro tra fortuna e Provvidenza, quando Levi racconta di un amico che sostiene che la sua sopravvivenza non sia opera del caso ma della Provvidenza. Questa opinione Levi la giudica “mostruosa”: per lui non vi è valore morale nella sua sopravvivenza e la sua testimonianza è “per conto di terzi”, di tutti quelli che sono morti. Nel racconto Pipetta da guerra si dimostra come piccole cause possano portare a grandi conseguenze: al momento dell’evacuazione del campo Levi viene abbandonato in infermeria con i malati, avendo contratto la scarlattina in seguito all’“affare delle pipette rubate”, mentre Alberto, che aveva avuto la scarlattina da bambino e ne era immune, si mette in marcia con gli altri prigionieri e va a morire.
Vi è un’altra concezione della fortuna tra il Cinquecento e il Novecento: la fortuna domata. Ovvero la probabilità, la statistica, uno strumento matematico. Il secolo della modernità oscilla tra probabilità e nuovi ricorsi alla casualità, e Levi si muove in questo spazio, sensibile alla statistica ma anche al singolo. Si avvicina, questo modo di procedere, al metodo scientifico. Ma la razionalità pura, Levi lo sa, non è sufficiente, necessita di imprevedibilità, di eccezioni, di “impurezze”. E anche all’interno del Lager la sopravvivenza è l’eccezione, la sopravvivenza alla morte quasi certa. La sensibilità di Levi alla fortuna è inoltre un modo per analizzare il quotidiano in contrapposizione ai modelli statistici che possono diventare prescrittivi, normalità anziché normatività.
Per concludere, torniamo al titolo. La “sfacciata fortuna” viene da Se questo è un uomo: durante la distribuzione del pane in Lager, si crea quell’allucinazione per cui la razione del vicino sembra sempre più grande, “nei primi tempi è così irresistibile che molti fra noi, dopo lungo discutere a coppie sulla propria palese e costante sfortuna e sfacciata fortuna altrui, si scambiano infine le razioni, al che l’illusione si ripristina invertita lasciando tutti scontenti e frustrati”.

                                                                                                                             Roberta Garavaglia

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