Tuffi liberi

Come ho imparato a nuotare

Io non li sento perché sto dall’altra parte, insieme a tutti gli altri bambini. Sto dal lato basso della piscina, dove si tocca. Però riesco a vederli.
Mia mamma immersa fino alle spalle nell’acqua. Ha la faccia arrabbiata. Muove la bocca e dice qualcosa a mio padre, ma non lo guarda negli occhi. Mio padre solleva un braccio e manda a quel paese mia madre. Lo fa soltanto perché pensa che lei non lo veda, ma lei lo vede.
I bambini intorno a me stanno gridando e giocano e si schizzano. Io sto cercando di capire cosa si stanno dicendo i miei, e perché stanno litigando. Ma i bambini urlano e non riesco a sentire niente. Allora mi allontano da loro. Continuo a guardare i miei genitori, perché penso che se li perdo di vista, chissà poi dove vanno.
L’acqua mi arriva fino al pezzo di sopra del costume. Ma sono ancora troppo lontana. E sento solo i bambini che urlano e ridono. Mi avvicino di più, fino a quando l’acqua non mi arriva alle spalle.
Mia mamma ha le braccia conserte e dà le spalle a mio padre.
È giovane. Sono giovani. Ma sono diversi dalle foto che ci sono a casa. In quelle erano davvero giovani. In quelle foto si abbracciano e sorridono e si baciano. Li vorrei prendere per mano e portare nella parte bassa della piscina e dirgli di rimanere lì, con me e gli altri bambini. Ma non posso. Nella parte bassa ci possono stare solo i bambini.
Mi sono avvicinata così tanto che adesso l’acqua mi arriva al collo. Un materassino con sopra un uomo che dorme si mette davanti e per un attimo non li vedo più. Faccio qualche altro passo. Devo camminare in punta di piedi per toccare.
L’acqua mi arriva fino al mento e io alzo la testa per non bere. Il materassino con l’uomo si sposta e loro sono lì.
La piscina è piena di gente. Qualcuno che nuota, le persone che si tuffano in acqua dal trampolino e poi i bambini. Mi giro verso di loro. Corrono e giocano e si picchiano con dei tubi di gomma colorati. Sembra che si stiano divertendo.
Mia mamma adesso ha le braccia conserte e lo sguardo fisso di fronte. Mio padre le sta parlando. Ogni tanto le mette una mano sulla spalla e lei si scansa, altre volte muove la mano su e giù davanti alla sua faccia. Forse vuole vedere se sta attenta, se lo sta ascoltando.
In una foto che abbiamo a casa stanno così. Mia madre guarda dritto di fronte e mio padre guarda lei. Solo che nella fotografia sorridono.
Faccio ancora qualche passo avanti. Ora non serve a nulla alzare la testa. L’acqua mi arriva al naso.
Però penso che manca poco. Penso che appena arrivo papà mi prende sulle sue spalle e allora non c’è bisogno di nuotare. Sulle sue spalle non cado mai e vedo tutto come quelli che si tuffano dal trampolino. Solo che lì, sul trampolino, si sta da soli. E ci sono quelli dietro che aspettano che sia il loro turno, e ti mettono fretta. Invece io sarei sulle spalle di mio padre e potrei starci tutto il tempo che voglio.
Penso che appena arrivo poi tutto si sistema.
Continuo a camminare saltando da un piede all’altro. Prendo fiato e vado un po’ giù, fino a toccare a terra con il piede, poi mi do una spinta e risalgo su per il tempo di prendere di nuovo fiato.
A un certo punto però sento come uno scalino e all’improvviso, quando vado giù, non tocco più.
Sott’acqua, apro gli occhi.
Ci sono solo gambe. Gambe di donne e di uomini. Con costumi di colori diversi. Alcune saltellano, altre stanno ferme, altre nuotano. Cerco quelle dei miei genitori. Ma non le riconosco. Sono tutte uguali.
Uno scalino separa la piscina bassa dei bambini da quella degli adulti.
Mi do una spinta con il piede e risalgo su. Prendo fiato. I miei genitori sono ancora lì, ma si sono spostati in un angolo. Mia mamma si stringe le braccia intorno al corpo, come se avesse freddo e si volesse scaldare. Ma l’acqua è tiepida, si sta bene. Mio padre parla ancora, ha le spalle alzate e muove le braccia, e la guarda. Adesso, mi sembrano più vecchi di prima. Se ne stanno tutti rigidi, con le ossa in tensione, fermi in una posizione che non deve essere comoda.
Penso che manca poco, che ci sono quasi.
Quando sto per tornare sotto mi metto ad agitare le braccia e le gambe. Non lo so perché ma funziona. Rimango a galla. Sbatto i piedi su e giù e muovo le mani davanti.
Nuoto verso i miei genitori. Adesso è mia madre che sta parlando. Mio padre ha ancora le spalle alzate ed è tutto piegato in avanti. E mia mamma ha la faccia rossa come se stesse piangendo.
Noi a casa abbiamo una fotografia dove mia madre piange. Ma piange perché è felice. Mi tiene in braccio e io sono appena nata. La foto l’ha scattata mio padre. Ma c’è anche lui, si vede la sua mano in un angolo, mentre stringe quella di mamma.
Forse se ne sono dimenticati che nella foto c’è anche lui. O non se ne sono mai accorti.
Io neanche me ne sarei mai accorta se non fosse che la foto è appesa in alto e io non ci arrivo e la guardo sempre dal basso.
Penso che appena arrivo devo dirgli che nella foto ci siamo tutti e tre.
I bambini dietro di me ridono e gridano e si divertono. Ma io ormai sono arrivata.
Afferro mio padre per un braccio e mi aggrappo. Mi sono stancata, in tutto quello sbattere braccia e piedi. Adesso sono lì con loro.
Mia madre ha la faccia tutta rossa.
“Avete visto? Sto nuotando” dico io, e agito le braccia e le gambe per farglielo vedere. E anche perché non so come fermarmi.
“Bravissima!” dice mia madre, e sorride.
Poi papà mi prende in braccio. Mi mette sulle sue spalle.
Sono scomode. Le ha tenute troppo tempo curve e alzate. Mi sembra che posso cadere da un momento all’altro.
Nella parte bassa i bambini ridono. Giocano e urlano. Si sentono anche da qui. Sembra che si stiano divertendo.
Mi è venuta voglia di ritornare da loro. E forse anche mamma e papà vogliono andarci, perché li osservano mentre si schizzano e mentre giocano. Nessuno dice niente. Restiamo a guardarli.
Ma non si può tornare indietro, nella parte bassa ci possono stare soltanto i bambini.

                                                                                                                                 Federica Sabelli

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